Beatrice Lorenzin, in fondo al cuore...c'è sempre la sua Ostia
Si emoziona ancora Beatrice Lorenzin quando parla di Ostia, dei luoghi del suo apprendistato politico ma anche dell'affacciarsi alla vita, alle scelte epocali, dal giornalismo alla politica, agli interrogativi di una ragazza alle scelte di una donna adulta
beatrice lorenzin
(AGR) di Ginevra Amadio
Più che un’intervista, un lungo viaggio nei ricordi. Si emoziona Beatrice Lorenzin quando parla di Ostia; rammenta i suoni, le immagini, i ‘bagliori’ centrali nel suo percorso di donna. Nata ad Acilia, al ‘villaggio Alitalia’, l’ex Ministro della Salute intesse col territorio un legame profondo, corroborato – anno dopo anno – da uno sguardo vigile e partecipato. Qui compie il suo apprendistato politico, dalle esperienze dal basso al consiglio municipale. Poi il grande salto: il Campidoglio – unica donna nell’aula Giulio Cesare ai tempi di Veltroni sindaco - , il coordinamento dei giovani di Forza Italia, le legislature, il dicastero di via Ribotta. Una carriera solida, in continua ascesa – con gli occhi e il cuore ben rivolti alla sua ‘casa’.
“Io sono nata e cresciuta al ‘villaggio Alitalia’ ad Acilia; lì vive la mia famiglia, gli amici e compagni delle scuole medie, del liceo. Sento molto l’appartenenza territoriale, le mie radici affondano in questo luogo. Quando ero bambina trascorrevo il tempo nel quartiere, vivevo il comprensorio, la zona, gli angoli più prossimi al domicilio. Ostia era il mare, la perla del mio territorio: ricordo che a differenza dei miei cugini, o degli amici che vivevano in città, io iniziavo ad andare in spiaggia a maggio, ed era un privilegio, un dono grandissimo. C’era questo legame con l’acqua, la possibilità di praticare sport come il windsurf, il kiteboarding alla Lega Navale. Poi è arrivato il liceo, all’Anco Marzio, e per me è stato un momento formativo – tanto sul piano umano quanto su quello professionale. I professori erano coltissimi, preparati, inoltre vivevamo un momento particolare – la coda degli anni Ottanta –, con il dramma della droga e le generazioni devastate, i fratelli dei nostri amici colpiti da questa piaga. La cosa mi segnò tantissimo, avvertivo il bisogno di indagare il disagio. Dopo le superiori ho iniziato a lavorare al “Giornale di Ostia” con l’idea di proseguire il percorso giornalistico che, da giovane, mi affascinava molto. Mi muovevo sul territorio con occhio attento ai bisogni delle persone, alle necessità del luogo. Sino a quel momento avevo vissuto il tutto come una ragazza, ora invece toccavo con mano le problematiche, gli aspetti più intimi: dalla storia ai comitati di quartiere, dalle personalità illustri ai disagi sommersi. Ne è conseguita una riscoperta delle potenzialità di Ostia, che è poi stata la molla della mia scelta politica. La candidatura in Municipio è dipesa, infatti, da una lunga osservazione: conoscere il territorio mi ha spinto a compiere un salto che non avevo preventivato. Nella mia vita c’era l’impegno civico, la stessa attività giornalistica corrispondeva a un desiderio di ‘stare dentro le cose’, di comprendere e testimoniare il mutamento della società. Non immaginavo di intraprendere la carriera politica, avevo la passione delle mie idee ma sino ad allora era una sfera separata, non coincidente con i miei piani. È stata Ostia a rimescolare le carte, l’esperienza viva della sua realtà. Quando mi sono candidata in Municipio avevo un’idea precisa: “Conosco il territorio, provo ad offrire la mia visione”. Prima ancora, mi ero impegnata nel referendum per l’autonomia, avevo la convinzione che ‘staccarsi’ da Roma avrebbe rappresentato un passo avanti, il riconoscimento di Ostia come città di mare – turistica e culturale. È stata un’esperienza di entusiasmo giovanile, che permette di comprendere l’attualità di certi temi, ancora oggi cogenti e avvertiti.
beatrice lorenzin
Poi è arrivata la candidatura al Comune di Roma, vinta. Erano anni in cui la città costituiva senz’altro la mia base elettorale, ma svolgevo già attività giovanili in Forza Italia, mi occupavo degli studenti europei trovandomi, dunque, in un’ottica nazionale. I piedi e il cuore sono però rimasti al territorio, saldamente ancorati a quell’angolo di mondo. È stata un’esperienza fortissima, fare politica a Ostia equivale a una scuola. Ho sempre prestato attenzione ai miei luoghi, anche quando ero Ministro mi sono occupata del Grassi mettendo in piedi iniziative per potenziare il Pronto Soccorso, azioni di rilancio dell’ospedale – tutto, ovviamente, nel limite delle mie competenze. Tuttora amo Ostia, la frequento, mi reco al mare. Ho visto anche tutta la sofferenza che l’affligge, le umiliazioni che ha subito. Spesso si ha la sensazione di tornare indietro, in una continua oscillazione che fa male al cuore. È qualcosa che il territorio non merita: è impossibile pensare che il mare di Roma non sia valorizzato”.
Ecco, da osservatrice dei luoghi – forte anche della tua esperienza passata – cosa pensi sia accaduto?
“La cosa che più mi disturba è pensare che Ostia risulti marchiata a fuoco, con lo stigma della mafia a inquinarne l’immagine. Per chi non la vive sembra questa la realtà: si è andata diffondendo una narrazione tossica legata agli Spada, alla criminalità organizzata. Si tratta di questioni urgenti, innegabili, ma chi come me ha vissuto il territorio sa che questa gente si è a lungo mossa ai margini, senza assumere alcun controllo. Nel tempo si è invece permesso che alcuni prendessero il sopravvento, anche nella comunicazione. Sono accadute cose orrende, che erano già inconcepibili ai tempi della Banda della Magliana. Ecco, io credo che Ostia abbia bisogno di persone che credono nella sua bellezza, che ne riconoscono i valori. È importante un rilancio sul piano culturale, sociale, ambientale, sicuramente già avviato ma che ha bisogno di costanza. Poi, si deve lavorare per il superamento di questo stigma, che è una macchia ingiusta su un territorio stupendo. A forza di raccontare Ostia come luogo di mafia, di degrado, come terra di nessuno si finisce per trasmetterne un’immagine opaca. Certamente siamo dinnanzi a una sfida molteplice: da un lato la presenza dello Stato, dall’altro la necessità di risorse e personale adeguato. Mi riferisco a quello amministrativo, anche a livello di funzionari. Si necessita di una spinta al rinnovamento, verso il quale ognuno deve tendere. Solo così sarà possibile porre un argine, bloccare qualsiasi tentativo di occupazione territoriale”.
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Ostia del resto è un territorio vivo, denso di idee e associazioni…
“Ostia è ricchissima, brulica di iniziative. Questo è anche il motivo per il quale sono nate tante personalità importanti, uomini e donne – anche politici – che si sono fatti strada a partire da queste zone. Qui il tessuto culturale è forte, estremamente reattivo, e va nutrito, portato avanti nelle scuole, attraverso le attività teatrali, mediante il lavoro dei giornali. Anche i riconoscimenti sono importanti, penso al Premio Roma voluto da Aldo Milesi che era un simbolo di un’Ostia culturalmente viva, in perenne movimento. Alla base di tutto deve esserci un’idea di identità, un concetto di vocazione che va coltivato con ogni mezzo, senza dare nulla per scontato. Non bisogna considerare Ostia un’appendice lontana di Roma; è un luogo con una sua peculiarità, anche fisico-geografica, ed è il mare della città – che è una cosa diversa. Si sono persi tanti treni, e mi spiace che alcuni discorsi degli anni Novanta siano ancora di stretta attualità. Non c’è ferita che questo territorio si sia risparmiata, e dal dolore per esse si misura anche il grado d’affetto; penso agli incendi, io ancora ricordo con tristezza quello che coinvolse la pineta, quando tornando dal Campidoglio in auto vidi una lunga colonna di fumo. Mi sono sentita morire dentro, come se gli alberi fossero parte di me – un pezzo di tutti noi”.
Qual è l’immagine che più ti porti dentro? Quale ricordo ti è caro?
“A me piaceva fare kitesurf, amavo recarmi al Primo Cancello e poter godere del mare. Provavo disperatamente a cimentarmi, era un’attività bellissima anche d’inverno, quando la spiaggia, le onde erano tutte per me. E poi c’è il ricordo della pizza a taglio di Ferrara, rammento che da ragazza volevo uscire da scuola e andare a mangiarla. Così come i krapfen in piazza, un altro luogo del cuore. Ecco, ci sono posti che si legano alla mia infanzia, ed è un ricordo quasi gustativo e tattile, che mi rimanda a tempi felici. E ancora, la memoria di certe estati, quelle dei 14-15 anni quando si andava al mare a giugno, con i primi amori, le feste sulla spiaggia, tutta una vita bellissima, spensierata. Certo, ci sono tanti ricordi legati alla politica, ma se mi domandi ‘a caldo’ non posso che rievocare questi attimi indelebili: le uscite con le amiche, gli incontri a scuola e le feste a fine anno, i cento giorni prima dell’esame di maturità. Mi tornano in mente anche le stagioni culturali a Ostia, il teatro di Ostia Antica, gli artisti che si esibivano, i concerti in piazza: sarebbe bello poter tornare a vivere queste esperienze”.