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Nel "Grande Buio", la luce di Giovan Battista Lillo Odoardi

Il regista Igor Maltagliati porta in scena una piece "tarantiniana"

printDi :: 07 aprile 2025 15:16
Grande Buio

Grande Buio

(AGR) Il cinema secondo Tarantino, ma a teatro. E con una novità assoluta: il talento di Giovan Battista Lillo Odoardi.  Presso lo spazio drammaturgico Santa Francesca Romana di Roma è andato in scena “Il grande buio”, noir grottesco firmato da Igor Maltagliati, che ha scelto di affidare il ruolo chiave a un giovane attore calabrese appena ventenne, ma con la misura scenica e il carisma di chi calca il palcoscenico da sempre.

Odoardi interpreta Tony, uno dei due sicari protagonisti della pièce, immersi in un universo di violenza razionalizzata, ironia crudele e disorientamento esistenziale. Il giovane attore affronta il personaggio con un’intensità che non cerca l’enfasi, ma la densità. I gesti sono asciutti, la voce modulata con cura, il corpo al servizio di una narrazione interiore che si fa evidente senza diventare esibita. In scena è presente anche quando tace: lo sguardo regge il silenzio e lo trasforma in tensione drammatica.

 
C’è qualcosa di sorprendente nella sua recitazione, che non si limita a seguire le linee della regia ma sembra reinventarle dall’interno. Odoardi non interpreta semplicemente Tony: lo abita. Ne porta i dubbi, le ombre, quel senso di spaesamento tra istinto e coscienza che è la cifra profonda dell’opera. E nel momento in cui l’equilibrio del personaggio si spezza, l’attore è capace di una transizione emotiva che non urla, ma lascia un segno netto nello spettatore.

“Il grande buio”, scritto come sceneggiatura cinematografica e poi adattato al teatro da Maltagliati, è una parabola sulla banalità del male, con tratti satirici e deformazioni grottesche, ma è anche il luogo ideale per mettere alla prova un attore che non si accontenta di essere promettente. Odoardi è già in ascesa: dopo il cinema ("La Versione di Giuda", "Corpo Vivo fra gli Alberi"), la TV ("Mina Settembre", “Emily in Paris”, “Sandokan”, “Champagne”), questo ruolo teatrale segna un passaggio di maturazione.

Non è solo una prova riuscita: è una dichiarazione d’intenti. Il giovane attore mostra una capacità rara di trasformare un testo estremo in una riflessione sulla condizione umana. E lo fa senza retorica, con quella serietà naturale che appartiene solo a chi conosce il proprio mestiere e lo abita con rispetto.

In questo “grande buio”, la sua luce si è vista bene.

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