La gentilezza nella relazione
Il 13 novembre di ogni anno si festeggia la giornata mondiale della gentilezza, istituita con la nascita di un movimento internazionale che quest'anno compie 25 anni.
(AGR) Il 13 novembre di ogni anno si festeggia la giornata mondiale della gentilezza, istituita con la nascita di un movimento internazionale per la diffusione della gentilezza, il World Kindness Movement – WKM nato nel 1997 e che quest’anno festeggia il suo 25° anno dalla fondazione.
Il movimento si propone di diffondere la gentilezza come strumento di connessione tra le persone e tra le nazioni. Così dal 1998, il 13 novembre di ogni anno si festeggia la giornata mondiale per la gentilezza. Nel 2019 tale movimento è diventato un’Organizzazione Non Governativa con sede in Svizzera, questo forse non è casuale.
Chiamo in aiuto lo storico vocabolario di italiano, solo per conferma della radice latina “gens” (= “stirpe”, “popolo”, gruppo di appartenenza), scopro così l’aggettivo arcaico “gente”, non il sostantivo, ma l’aggettivo! Gente vuol dire “cortese”, “leggiadro”, “nobile”. Sostituito da “gentile” e da “gentilezza”.
Quindi potremmo dire che la gentilezza è un’attenzione alla gente (stavolta inteso come sostantivo), al proprio popolo, al proprio gruppo di appartenenza. Porgo attenzione nel senso che mi prendo cura, mi preoccupo della popolazione di cui faccio parte, garantendone quindi la sopravvivenza e la prosperità.
In termini evolutivi la gentilezza permette al gruppo di mantenersi coeso, di costruire fiducia e di cooperare per il raggiungimento del proprio scopo. L’essere gentili e l’incontrare persone gentili infatti attiva nell’umano un senso generale di benessere e di sicurezza fisica e mentale, che lo spinge a ripetere i comportamenti messi in atto ed a mantenere la vicinanza agli altri.
La prima volta che mi hanno chiesto di parlare di gentilezza in un contesto aziendale, non molto tempo fa, ammetto di essermi trovato in difficoltà: mi risuonava in testa il rischio di banalizzare i concetti. Parlare di gentilezza ridando a questo termine ed ai comportamenti che la caratterizzano un’accezione non banale è stata una bella sfida.
Giocava però dalla mia parte il fatto che da circa tre anni a questa parte nelle organizzazioni mi chiedono di condurre interi webinar sulla consapevolezza e la gestione emotiva, non più solo camei all’interno dei corsi di comunicazione o negoziazione. Altra sfida che in qualche modo ha aperto la strada a questo nuovo concetto. Parlare di emozioni in un contesto in cui le emozioni esistono, ma sono considerate un elemento dissonante ed in alcuni casi pericoloso, non è semplice.
Quello che soprattutto non è semplice è evitare la banalizzazione del tema, restituendo alle emozioni la loro funzione evolutiva e la loro funzione nella relazione con l’altro e con l’ambiente in cui viviamo. La forte diffusione degli studi sull’intelligenza emotiva hanno favorito questo passaggio ed hanno permesso di scoprire che le emozioni possono essere osservate e possono essere una parte importante nella crescita lavorativa.
L'autore dell'articolo Roberto Noccioli
Questa apertura al mondo interno delle persone, oltre alle emozioni, alle aspettative, alla soggettività, ha fatto sì che il concetto di gentilezza potesse prendere sempre più spazio nella narrazione di chi si occupa di sviluppare le capacità delle persone nelle organizzazioni.
Ha permesso anche di non considerare più la gentilezza e l’educazione come sinonimi. L’essere educati vuol dire rispettare una serie di norme culturali all’interno di un dato gruppo, seguire delle regole. L’essere gentili parte invece da un’apertura nei confronti dell’altro, da un interesse reale all’incontro ed allo scambio con l’altro.
Portare la gentilezza nelle organizzazioni vuol dire quindi lavorare sulla cultura organizzativa, sul clima, sulle relazioni interne, ma soprattutto vuol dire portare un modello nuovo di visione dell’umano. L’idea che quest’ultimo possa crescere, esplorare, creare e produrre se si trova in un ambiente favorevole alla cooperazione, se ha un porto sicuro dal quale partire ed al quale tornare per supporto e cooperazione.
Se l’ambiente in cui sto è sicuro, posso investire energie sull’esterno, se non lo è dovrò investire parte delle mie energie per tutelarmi anche dalle persone che mi sono vicine. Una cultura della gentilezza permette lo sviluppo della fiducia e la costruzione di un ambiente “sicuro”. Puoi commentare qui