Pensioni, Cazzola:''Al posto del ministro Tremonti non sarei tanto tranquillo''

Giuliano Cazzola - Vice presidente della commissione Lavoro della Camera
"Basta andare a rileggere il Dpef per accorgersi che il 'picco' dell'incidenza della spesa sul Pil, atteso in misura del 15,5% intorno al 2030, si presenterà in anticipo già dal prossimo anno, in conseguenza della crisi economica", scrive Cazzola in una nota.
Il Dpef prevede una "sostenuta crescita" del rapporto fra spesa pensionistica e Pil nel triennio 2008-2010, dovuta "esclusivamente" all'andamento negativo dell'economia.
Cazzola spiega che l'attivo del bilancio Inps è determinato dalla gestione delle prestazioni temporanee e da quella dei lavoratori parasubordinati. "Sono gli avanzi di queste gestioni che vanno a colmare i disavanzi delle gestioni pensionistiche. Non si può fare confusione tra i risultati complessivi del bilancio e l'andamento della spesa pensionistica. Quanto meno si dovrebbe tener conto che l'Inpdap ha un saldo passivo di 7 miliardi di euro, destinato a salire a 12 miliardi tra pochi anni". Cazzola ha affermato che già nel corso del mese di ottobre "anche il presidente Silvio Berlusconi ha riconosciuto che di pensioni si dovrà prima o poi riparlare". "Non c’è solo un problema di risparmi da realizzare in un settore come quello pensionistico - ha proseguito Cazzola - dove la crisi ha destabilizzato le precedenti previsioni sulla sua sostenibilità".
"Dobbiamo pensare anche a vere e proprie riforme che rendano il sistema più equo e solidale. Dopo gli ultimi e positivi provvedimenti strutturali, assunti dal governo nel luglio scorso, esistono le condizioni per ripristinare, nel modello contributivo, un pensionamento flessibile (in una fascia compresa tra 62 e 67 anni, ragguagliata agli effetti di disincentivo/incentivo derivanti dall’applicazione dei coefficienti di trasformazione) e per introdurre un trattamento di base finanziato dalla fiscalità generale (accompagnato dalla unificazione e dalla riduzione delle aliquote contributive per tutte le tipologie di lavoro dei nuovi occupati). Dall’impianto ereditato dalla riforma Dini è scomparso, infatti, ogni aspetto di quella solidarietà infragenerazionale che nel sistema retributivo era assicurata dall’integrazione al minimo e che è essenziale in un modello di previdenza obbligatoria".